lunedì 10 aprile 2017

Etienne



Blue eyes era il suo soprannome, anche se aveva gli occhi verdi. Etienne il suo nome. Il cognome non ha importanza, ma la sua vita sì. E che vita, ragazzi.

Ho bisogno di un inizio. Un inizio esplosivo, roboante, da fine del mondo...
“Ueeeeeeeeehhhh!”

“Signora, è un bel maschietto!” giubilò l’ostetrica.
Il neopadre si avvicinò alla neomamma chiocciando stupidamente.
“Ooooh... Ooooh... Oooooooh. Quanto è bello!” gridò improvvisamente.
“Spaventa il bambino, Paul” sussurrò l’ostetrica.
“Non urlare, imbecille!” gridò la neomamma Marie.
Etienne girò la testa lentamente e fissò negli occhi tutti e tre. Aveva uno sguardo che un neonato non dovrebbe avere, perché ancora non sa cos’è l’odio. O forse sì.
Le sue labbra erano rosse come quelle dell’ostetrica. Il mento aveva una fossetta come quella di Paul. E le unghie erano laccate di rosso come quelle di Marie.

“Etienne, ora mi hai stancato veramente! Vai fuori dall’aula per 10 minuti!”
Quella settimana, era la quinta volta che veniva sbattuto fuori dalla classe. Sapeva come esasperare i maestri. E si divertiva un mondo a farlo.
Voi come vi sentireste se, mentre spiegate che 8x8 fa 64, un alunno seduto al suo banco, prendesse le vostre sembianze in tutto e per tutto?
Ed Etienne faceva esattamente quello.

“Ti ho detto mille volte che non voglio avere per casa Katharine Hepburn o Charlot! E nemmeno John Wayne!!! E’ così difficile da capire? Mi imbarazza avere tra i piedi celebrità mentre pulisco il bagno o lavo i piatti! Esci da casa quando senti che Humphrey Bogart o chi vuoi tu devono manifestarsi! Via!”
La vita è dura.

C’è da dire che Etienne non approfittò di quella strana, diciamo così, dote. Ad essere sinceri lo fece solo una volta. E non è che ne uscì alla grande.
Una mattina, improvvisamente, si innamorò. Capita, a 8 anni, di innamorarsi in un secondo. Va bene, d’accordo, capita anche agli adulti. Insomma. Etienne vide dalla finestra della sua cameretta un camion di una ditta di traslochi. Un appartamento del palazzo di fronte al suo aveva nuovi inquilini. Boom! Sul terrazzo vide una donna. Non particolarmente bella ma con un seno da infarto. Fu amore a prima vista. La spiò per un paio di giorni. Con il cannocchiale vedeva che in casa, ogni tanto, compariva un uomo con i capelli brizzolati e un’aria sempre triste e sospirosa.
Fu un attimo. Appena vide andare via l’uomo si precipitò giù per le scale, attraversò la strada, entrò nel portone e su per le scale verso la porta dove dietro c’era il suo nuovo amore che lo faceva impazzire.
Dindon.
La donna aprì la porta e si ritrovò davanti l’uomo brizzolato. Etienne, inesperto, ci provò subito.
“Papààà!” urlò la donna.
In quel preciso istante un’altra donna entrò in casa.
“Claudette! Maurice!”
Claudette conviveva con Jolanda. Che percosse pesantemente Maurice. Etienne non lo vide più entrare in quella casa.

“Ti prego, ti prego, ti prego. Lo fai? Ti prego, ti prego, ti...”
“E basta, Alain! Mi sono scocciato di fare sempre Marilyn Monroe. E poi tu fai quelle cose lì davanti a me. No. Non divento più nessuno. Oh!”
“E io non ti passo più le risposte ai compiti in classe.”

La vita di Etienne continuò, invitato ai party, a inaugurare boutique e via dicendo. Era il sosia più pagato e conosciuto al mondo.
Ovvio che, dopo un po’, si stancò di quella vita. Voleva emozioni, gioia e lacrime.
Con i tantissimi soldi guadagnati, aprì una casa di riposo. ‘Revenant’. Questo nome troneggiava sul cancello di una splendida villa liberty, circondata da un parco di 8 ettari.
Per sé aveva tenuto un unico compito. Quello di selezionare gli ospiti, non in base al reddito ma ai ricordi.
Sottoponeva gli anziani a un interrogatorio durissimo. Alla fine, accettava solo vedovi e vedove che avevano realmente amato il proprio partner.
Le 24 camere furono assegnate.

“Stasera chi volete come ospite a cena?” chiese Etienne, sorridendo ai 24 anziani.
“Spencer Tracy” disse Margot.
“A me non piace” sentenziò Anna.
“Col cavolo! Stasera ci sarà Marlene Dietrich” abbaiò Bruno.
“Sei il solito nazista. Io voglio Rosa Luxemburg.”
“No. Io voglio Lenin.”
“E allora io Mao!”
“Kennedy.”
“No. Napoleone.”
Etienne richiamò l’attenzione. “Vedo che oggi siamo sul politico. Se non la piantate, vi faccio cenare con Hitler.”
Nel salone scese il silenzio.
“Le regole le conoscete, solo attori o cantanti. Forza, tirate fuori un nome.”
Ricominciò la litania di nomi morti e sepolti da secoli.
“Edith Piaf!”
“Caruso.”
“Ehi, Belcanto, hai rotto. Tutte le sere vorresti quel trombone! Non hai fantasia. Io stasera voglio Farinelli.”
Il salone si riempì di risatine.
“Simile chiama simile. Hi hi hi...”
“Hei, vecchia ciabatta, qualche volta ci penso io a te. Dovrai dire basta! Ecco.”
“Basta lo dico io. Ma è possibile... Stasera avremo Frank Sinatra” annunciò trionfalmente Etienne.
“Nooo. My way, nooo. Basta con My wayyyy!”

Questo per i dopocena. Ma durante le giornate, Etienne si dedicava completamente ai 24 anziani.
Si chiudeva in una stanza con uno di loro, uno al giorno, per diventare il defunto marito o la moglie di questi. Niente sesso. Solo belle chiacchierate.

E venne il giorno della morte di Etienne.
Davanti ai miei occhi. Era il mio turno ed ero con la mia adorata Claire. Etienne, non so perché, quando diventava mia moglie, era sempre con l’abito da sposa. Forse perché tra le foto di Claire che gli mostrai, lui rimase colpito da quelle scattate nel giorno delle mie nozze. Comunque, io e lei stavamo parlando di una gita di molti anni prima. Improvvisamente Etienne diventò Mae West. Con la voce di Charles Trintignant. In un secondo cambiò aspetto migliaia di volte. Non feci neanche in tempo a chiedere aiuto, che lui diventò un hot dog. E così rimase.

L’idea di fare il funerale a un hot dog ci fece scompisciare dal ridere. Ma eravamo anche profondamente desolati. Non perché non avremmo più rivisto le nostre mogli o mariti, tanto sapevamo che non erano loro, ma perché Etienne ci sarebbe mancato. E tanto, tantissimo.
Questa è stata la sua vita. Valeva la pena di raccontarla.


LT 20 05 08

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