Blue
eyes era il suo soprannome, anche se aveva gli occhi verdi. Etienne
il suo nome. Il cognome non ha importanza, ma la sua vita sì. E che
vita, ragazzi.
Ho
bisogno di un inizio. Un inizio esplosivo, roboante, da fine del
mondo...
“Ueeeeeeeeehhhh!”
“Signora,
è un bel maschietto!” giubilò l’ostetrica.
Il
neopadre si avvicinò alla neomamma chiocciando stupidamente.
“Ooooh...
Ooooh... Oooooooh. Quanto è bello!” gridò improvvisamente.
“Spaventa
il bambino, Paul” sussurrò l’ostetrica.
“Non
urlare, imbecille!” gridò la neomamma Marie.
Etienne
girò la testa lentamente e fissò negli occhi tutti e tre. Aveva uno
sguardo che un neonato non dovrebbe avere, perché ancora non sa
cos’è l’odio. O forse sì.
Le
sue labbra erano rosse come quelle dell’ostetrica. Il mento aveva
una fossetta come quella di Paul. E le unghie erano laccate di rosso
come quelle di Marie.
“Etienne,
ora mi hai stancato veramente! Vai fuori dall’aula per 10 minuti!”
Quella
settimana, era la quinta volta che veniva sbattuto fuori dalla
classe. Sapeva come esasperare i maestri. E si divertiva un mondo a
farlo.
Voi
come vi sentireste se, mentre spiegate che 8x8 fa 64, un alunno
seduto al suo banco, prendesse le vostre sembianze in tutto e per
tutto?
Ed
Etienne faceva esattamente quello.
“Ti
ho detto mille volte che non voglio avere per casa Katharine Hepburn
o Charlot! E nemmeno John Wayne!!! E’ così difficile da capire? Mi
imbarazza avere tra i piedi celebrità mentre pulisco il bagno o lavo
i piatti! Esci da casa quando senti che Humphrey Bogart o chi vuoi tu
devono manifestarsi! Via!”
La
vita è dura.
C’è
da dire che Etienne non approfittò di quella strana, diciamo così,
dote. Ad essere sinceri lo fece solo una volta. E non è che ne uscì
alla grande.
Una
mattina, improvvisamente, si innamorò. Capita, a 8 anni, di
innamorarsi in un secondo. Va bene, d’accordo, capita anche agli
adulti. Insomma. Etienne vide dalla finestra della sua cameretta un
camion di una ditta di traslochi. Un appartamento del palazzo di
fronte al suo aveva nuovi inquilini. Boom! Sul terrazzo vide una
donna. Non particolarmente bella ma con un seno da infarto. Fu amore
a prima vista. La spiò per un paio di giorni. Con il cannocchiale
vedeva che in casa, ogni tanto, compariva un uomo con i capelli
brizzolati e un’aria sempre triste e sospirosa.
Fu
un attimo. Appena vide andare via l’uomo si precipitò giù per le
scale, attraversò la strada, entrò nel portone e su per le scale
verso la porta dove dietro c’era il suo nuovo amore che lo faceva
impazzire.
Dindon.
La
donna aprì la porta e si ritrovò davanti l’uomo brizzolato.
Etienne, inesperto, ci provò subito.
“Papààà!”
urlò la donna.
In
quel preciso istante un’altra donna entrò in casa.
“Claudette!
Maurice!”
Claudette
conviveva con Jolanda. Che percosse pesantemente Maurice. Etienne non
lo vide più entrare in quella casa.
“Ti
prego, ti prego, ti prego. Lo fai? Ti prego, ti prego, ti...”
“E
basta, Alain! Mi sono scocciato di fare sempre Marilyn Monroe. E poi
tu fai quelle cose lì davanti a me. No. Non divento più nessuno.
Oh!”
“E
io non ti passo più le risposte ai compiti in classe.”
La
vita di Etienne continuò, invitato ai party, a inaugurare boutique e
via dicendo. Era il sosia più pagato e conosciuto al mondo.
Ovvio
che, dopo un po’, si stancò di quella vita. Voleva emozioni, gioia
e lacrime.
Con
i tantissimi soldi guadagnati, aprì una casa di riposo. ‘Revenant’.
Questo nome troneggiava sul cancello di una splendida villa liberty,
circondata da un parco di 8 ettari.
Per
sé aveva tenuto un unico compito. Quello di selezionare gli ospiti,
non in base al reddito ma ai ricordi.
Sottoponeva
gli anziani a un interrogatorio durissimo. Alla fine, accettava solo
vedovi e vedove che avevano realmente amato il proprio partner.
Le
24 camere furono assegnate.
“Stasera
chi volete come ospite a cena?” chiese Etienne, sorridendo ai 24
anziani.
“Spencer
Tracy” disse Margot.
“A
me non piace” sentenziò Anna.
“Col
cavolo! Stasera ci sarà Marlene Dietrich” abbaiò Bruno.
“Sei
il solito nazista. Io voglio Rosa Luxemburg.”
“No.
Io voglio Lenin.”
“E
allora io Mao!”
“Kennedy.”
“No.
Napoleone.”
Etienne
richiamò l’attenzione. “Vedo che oggi siamo sul politico. Se non
la piantate, vi faccio cenare con Hitler.”
Nel
salone scese il silenzio.
“Le
regole le conoscete, solo attori o cantanti. Forza, tirate fuori un
nome.”
Ricominciò
la litania di nomi morti e sepolti da secoli.
“Edith
Piaf!”
“Caruso.”
“Ehi,
Belcanto, hai rotto. Tutte le sere vorresti quel trombone! Non hai
fantasia. Io stasera voglio Farinelli.”
Il
salone si riempì di risatine.
“Simile
chiama simile. Hi hi hi...”
“Hei,
vecchia ciabatta, qualche volta ci penso io a te. Dovrai dire basta!
Ecco.”
“Basta
lo dico io. Ma è possibile... Stasera avremo Frank Sinatra”
annunciò trionfalmente Etienne.
“Nooo.
My way, nooo. Basta con My wayyyy!”
Questo
per i dopocena. Ma durante le giornate, Etienne si dedicava
completamente ai 24 anziani.
Si
chiudeva in una stanza con uno di loro, uno al giorno, per diventare
il defunto marito o la moglie di questi. Niente sesso. Solo belle
chiacchierate.
E
venne il giorno della morte di Etienne.
Davanti
ai miei occhi. Era il mio turno ed ero con la mia adorata Claire.
Etienne, non so perché, quando diventava mia moglie, era sempre con
l’abito da sposa. Forse perché tra le foto di Claire che gli
mostrai, lui rimase colpito da quelle scattate nel giorno delle mie
nozze. Comunque, io e lei stavamo parlando di una gita di molti anni
prima. Improvvisamente Etienne diventò Mae West. Con la voce di
Charles Trintignant. In un secondo cambiò aspetto migliaia di volte.
Non feci neanche in tempo a chiedere aiuto, che lui diventò un hot
dog. E così rimase.
L’idea
di fare il funerale a un hot dog ci fece scompisciare dal ridere. Ma
eravamo anche profondamente desolati. Non perché non avremmo più
rivisto le nostre mogli o mariti, tanto sapevamo che non erano loro,
ma perché Etienne ci sarebbe mancato. E tanto, tantissimo.
Questa
è stata la sua vita. Valeva la pena di raccontarla.
LT
20 05 08